Quanto costo un investigatore Privato a Milano? listino prezzi autorizzato, i costi giornalieri e le tariffe orarie applicate per un investigazione privata partono da un minimo di € 50,00 (per agente, oltre iva), l'abusivo costa meno e non vi garantisce nessun tipo di attività e vi truffa!!! DIFFIDATE!!!
IDFOX SRL, pone un'esperienza ultraventennale nel settore delle investigazioni e utilizza tutte le opportune tecniche nell’attività di intelligence, ricercando mezzi e sistemi sempre all’avanguardia, avvalendosi nello specifico di esperti del settore di provata affidabilità, maturata esperienza professionale, con studi strategici finalizzati al raggiungimento dell’obiettivo: investigazioni Private_infedeltà coniugale_affido minori_assegno mantenimento_investigazioni aziendali_concorrenza sleale_violazione marchi e brevetti_investigazioni internazionali_infromazioni finanziarie_recupero crediti_bonifiche telefoniche_indagini difensive_indagini informatiche.
L'impegno costante dimostrato e il continuo aggiornamento professionale, associato alle tecniche d’indagine applicate, tenuto conto del radicale mutamento dei tecnicismi investigativi, fanno dell’ IDFOX SRL Investigazioni una società leader nel settore.
L'agenzia investigativa IDFOX SRL Investigazioni autorizzata dalla Prefettura di Milano, sino dal 1992, è sinonimo, da sempre, di affidabilità, efficacia, efficienza. Apprezzata dai clienti per i “risultati” ottenuti, si è evidenziata anche per la sua riservatezza, caratteristica fondamentale in tale ambito.
In questi contesti, la professionalità è titolarità indispensabile per la concretizzazione dei risultati e l’eccellente attività dell’ agenzia “IDFOX SRL” ® è certificata dai numerosi e brillanti risultati, raccolti in campo civile e penale.
Contattateci per un preventivo gratuito e senza impegno
IDFOX SRL sas Via Luigi Razza 4 - 20124 Milano
Tel.02344223 (r.a.)
www.idfox.it mail: max@idfox.it
CHI SIAMO:
L’agenzia IDFOX è correntemente diretta dalla Dottoressa Margherita Maiellaro.
La direttrice ha maturato un’esperienza pluriennale nel campo investigativo ed ha conseguito una Laurea in Giurisprudenza, con specializzazione in diritto internazionale, presso l’Università Bocconi.
L’agenzia investigativa IDFOX Investigazioni è stata fondata da Max Maiellaro.
Il fondatore, con oltre 30 anni di esperienze investigative maturate nella Polizia di Stato, già diretto collaboratore del Conte Corrado AGUSTA, ex Presidente dell’omonimo Gruppo AGUSTA SpA, è stato inoltre responsabile dei servizi di sicurezza di una multinazionale, nonché presso vari gruppi operanti in svariati settori quale metalmeccanici, chimica, oreficeria, tessile, alta moda, elettronica e grande distribuzione, ha sempre risolto brillantemente ogni problematica investigativa connessa a: infedeltà aziendale, ai beni, marchi e brevetti, concorrenza sleale e alla difesa intellettuale dei progetti, violazione del patto di non concorrenza, protezione know-how e tutela delle persone e della famiglia, nonché referente abituale di imprenditori, manager, multinazionali e studi Legali su tutto il territorio Italiano ed anche Estero.
Il team dell’agenzia IDFOX è formato da ex appartenenti alle Forze di Polizia, i quali si avvalgono di mezzi e tecniche sempre all’avanguardia e al passo con le nuove tecnologie, vantando conoscenze approfondite e certificate nel campo dell’intelligence. L’agenzia investigativa IDFOX fornisce documentazioni valide per uso legale, tra le quali: perizie e relazioni tecniche; servizi di osservazione documentati con foto e video.
Garantiamo la massima riservatezza, professionalità e risultati certificati.
IDFOX SRL è autorizzata con licenza per investigazioni private ed Aziendali - Art.134 TULPS; Indagini Penali - autorizzazione Art. 222 del D.L.vo 271/89 ed Art. 327 Bis del c.p.p. così come modificati dalla L.397/00 l'effettuazione di indagini difensive a favore della difesa rilasciate dalla Prefettura di Milano ed autorizzazione Agenzia Recupero Crediti n.13/D Questura Milano.
Scegliere chi è legalmente autorizzato è una garanzia.
INVESTIGAZIONI INDUSTRIALI
Concorrenza sleale - Controspionaggio e Antisabotaggio Industriale - Infedeltà Professionale di Soci e Dipendenti - Ammanchi contabili - Operazioni Finanziarie illecite - Assenteismo dei dipendenti - Fughe di notizie - Scorrettezze nell’assegnazione di appalti - Protezione marchio aziendale - Contraffazione dei prodotti – Diffusione o sabotaggio dei segreti industriali - Protezione dei brevetti - Indagini su furti – Indagini Recupero refurtiva - Bonifiche telefoniche ed ambientali (cimici, microspie etc..).
INVESTIGAZIONI PRIVATE
Infedeltà coniugale – riduzione e/o aumento assegno mantenimento; indagini affidamento minori - Osservazione comportamento giovanile - Protezione dei minori (droga etc.) - Rintraccio persone scomparse. Sorveglianza per la protezione da adescamenti e circonvenzioni di minori, anziani e incapaci - investigazioni per delitti di stalking o molestie.
INDAGINI DIFENSIVE
L’investigatore privato, su mandato legale, è autorizzato a svolgere le indagini difensive (Art. 222 del D.L.vo 271/89 ed Art. 327 Bis del c.p.p. così come modificati dalla L.397/2000), nonché attività investigativa preventiva (art. 391/nonies), individuazione elementi di prova a favore dell' indagato o della parte lesa, sopralluoghi tecnici e, colloquio, ricezione di dichiarazioni e assunzione informazioni (art. 391/bis).
INVESTIGAZIONI ECONOMICHE FINANZIARIE E RECUPERO CREDITI
Investigazioni commerciali - patrimoniali - personali e societari - Controllo solvibilità e affidabilità verifica protesti - Rintraccio debitori irreperibili - Rintraccio beni mobili ed immobili pignorabili, ricerca e rintraccio di beni occultati all’estero.
Agenzia Investigativa Internazionale
IDFOX SRL è un’organizzazione internazionale con corrispondenti on line in tutto il mondo: la nostra organizzazione ci consente di svolgere indagini a livello nazionale e internazionale.
Paesi con cui operiamo:
Stati Uniti, Brasile, Messico, Canada, Cuba, Jamaica, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Costa Rica, Panama, Venezuela, Colombia, Peru, Bolivia, Cile, Argentina, India, Cina, Sud Corea, Giappone, Vietnam, Thailandia, Cambogia, Singapore, Filippine , Egitto, Tunisia, Marocco, Israele, Libia, Turchia, Grecia, Libano, Algeria, Oman, Arabia Saudita e Yemen, Kenya, Sud Africa, Santo Domingo, Tanzania, Senegal, Madagascar, Nigeria, Spagna, Francia, Principato di Monaco, Svizzera, Belgio, Olanda, Romania, Bulgaria, Mosca, Ucraina, Danimarca, Cecoslovacchia, Slovacchia, Svezia, Norvegia, Germania, Austria, Gran Bretagna e Irlanda e Lussemburgo.
Se un dubbio vi attanaglia e per qualsiasi informazione per risolvere i vostri problemi personali e professionali su investigazioni aziendali, investigazioni private, investigazioni tecniche scientifiche e investigazioni finanziare e commerciali, non esitate a mettervi in contatto con noi per richiedere un preventivo gratuito.
RISULTATI GARANTITI CON PROVE GIURIDICAMENTE VALIDE
Tutti i nostri servizi sono documentati con prove cinefotografiche e dettagliate relazione tecnica per eventuale uso Legale. Tutti i componenti dell’agenzia IDFOX SRL, sono ex appartenenti delle Forze di Polizia ed esperti in vari settori.
COME SI SCEGLIE UN SERIO E PROFESSIONALE “INVESTIGATORE PRIVATO”?
Quanti anni di esperienza investigativa possiede, da quanto tempo opera e con quali risultati?
Professionalità: nessun intermediario
Capacità: consulenza immediata e trasparente
Sede dell’agenzia: verificare se e dove esiste davvero la sede dell’agenzia, attraverso utenze telefoniche fisse, pagine bianche, pagine gialle, ecc
Per ciò che riguarda l’aspetto economico, è bene sapere che esistono delle tabelle prezzi autorizzate dalla Prefettura, alle quali l’agenzia investigativa deve attenersi e sul mandato investigativo dovrà essere riportato l’importo/tariffa oraria pattuita, più Iva e spese. Nulla vieta però all’investigatore privato e al cliente stesso, di accordarsi su un corrispettivo “a forfait” in base alla natura dell’indagine.
Non scegliere l’investigatore privato più economico nè quello che propone delle promozioni o sconti vari, quello contattato telefonicamente che vi richiede, per svolgere l’incarico, di inviare del denaro accreditandolo su Poste Pay; e nemmeno quelli mascherati dietro tariffe falsamente abbordabili, mascherati dietro a titoli inesistenti, mascherati dietro a finte lauree o attestati altisonanti.
Ricordatevi che non ci si può affidare ad un investigatore privato senza aver avuto precedentemente un incontro presso la sede dell’agenzia investigativa e senza aver firmato un regolare contratto investigativo.
La scelta di affidare l’incarico a un investigare privato che potrebbe risolvere i Vostri sospetti e cambiare la Vostra vita, è una scelta molto importante.
Per svolgere qualsiasi indagine privata per presunta infedeltà coniugale, infedeltà aziendale, indagini difensive ecc., l’investigatore privato deve essere in possesso di una regolare Licenza rilasciata dal Prefetto di competenza, altrimenti è fuori legge e voi non sarete tutelati: lo svolgimento dell’attività di investigatore privato è subordinato al rilascio di una licenza prefettizia, per richiedere la quale è necessaria una serie di requisiti che dovrebbero garantire la professionalità dell’investigatore privato e dei suoi collaboratori.
Rivolgersi ad un investigatore privato abusivo e quindi sprovvisto di licenza è controproducente in termini di qualità del servizio soprattutto se le risultanze delle investigazioni private dovranno essere usate in sede Giudiziaria per far valere un proprio diritto.
E’ indispensabile che l’agenzia investigativa abbia esperienza in materia di investigazioni private, e dovrà possedere uffici propri, linee telefoniche fisse ed intestate, collaboratori validi ed attrezzature innovative, poiché un investigatore privato serio deve, dico deve, disporre di un ufficio per ricevere il Cliente, firmare un contratto professionale ecc. Diffidate di coloro che pubblicizzano il nome o il sito su internet senza evidenziare la sede dell’agenzia investigativa.
Il contatto diretto con il Direttore dell’agenzia investigativa è molto importante: l’investigatore privato Vi deve ispirare fiducia, a lui vanno confidati aspetti molto personali e delicati e deve instaurarsi un rapporto di estrema fiducia che permetta al Cliente di conferire il mandato investigativo.
Chiamaci per richiedere una consulenza gratuita oppure un preventivo
IDFOX Srl International Detectives Fox ® Via Luigi Razza 4 – 20124 – Milano
Tel: +39 02344223 (R.A.) – Tel.+39 026696454 (H 24)
Aut.Gov. n.9277/12B15E
www.idfox.it mail: max@idfox.it
Di seguito riportiamo alcune sentenze, relative all’operato dell’investigatore Privato.
Investigatore privato: chi è?
L’investigatore privato è un professionista, dotato di un’apposita licenza rilasciata dalla prefettura territorialmente competente, che svolge un’attività di investigazione o di ricerca per conto di privati e aziende.
L’investigatore privato può lavorare in forma autonoma, ed essere titolare di un istituto di investigazioni, oppure svolgere la sua attività come dipendente all’interno di un’agenzia di investigazione.
La figura dell’investigatore privato è sempre stata circondata da un’aura di mistero, probabilmente per le descrizioni che ci hanno proposto gli autori dei più famosi bestseller, per le scene che abbiamo visto sul grande schermo e/o per l’alone di segretezza che avvolge le attività espletate da questo professionista. Un professionista che lavora nell’ombra, che effettua pedinamenti e riesce a carpire con foto, video e sopralluoghi le azioni che il soggetto, che rientra nel suo mirino, compie indisturbato pensando di non essere visto da occhi indiscreti e di poter agire senza destare alcun sospetto.
Può trattarsi di un marito o di una moglie che incontra l’amante o di un lavoratore che dichiara di essere in malattia e, invece, è andato in vacanza in una località marittima. O, ancora, può trattarsi del dipendente che sostiene di assistere un parente disabile usufruendo dei permessi della Legge 104 e, invece, impiega gran parte del tempo allo svolgimento di commissioni personali (ad esempio, un aperitivo con gli amici o una gita fuori porta) dedicando solo un momento marginale della giornata al portatore di handicap.
Investigatore privato: cosa può fare e cosa non può fare
Accade con molta frequenza che un marito/una moglie o un datore di lavoro, a fronte di alcuni sospetti, conferiscano l’incarico ad un investigatore privato affinché possa svolgere delle indagini e documentare con foto, riprese e registrazioni audio ciò che vede con i suoi occhi e ciò che viene detto in sua presenza.
L’investigatore privato può:
- effettuare pedinamenti e sopralluoghi (in tal caso, è necessario il consenso del titolare del posto);
- scattare foto e girare riprese soltanto in luoghi pubblici o aperti al pubblico;
- registrare le conversazioni che avvengono in sua presenza;
- monitorare gli spostamenti di un’autovettura avvalendosi delle nuove tecnologie di localizzazione (Gps satellitare);
- avvalersi di collaboratori;
- raccogliere alcune informazioni relative alla salute e alla vita sessuale, nel rispetto di precise garanzie a tutela della riservatezza delle persone, come stabilito dal Garante per la protezione dei dati personali.
Ovviamente, durante il suo mandato, l’investigatore privato non può infrangere la legge; di conseguenza, non è legittimato:
- ad accedere in luoghi privati senza permesso;
- a realizzare riprese nella privata dimora senza consenso;
- ad intercettare telefonate;
- accedere a conto corrente personale o ad altri dati coperti dalla privacy.
Le indagini per privati e aziende
L’investigatore può svolgere indagini per i privati cittadini e per le aziende.
Per i privati cittadini, l’investigatore può:
- effettuare pedinamenti;
- fare investigazioni sull’infedeltà coniugale;
- fare investigazioni per l’affidamento di un minore;
- fare investigazioni difensive come previsto dalla legge 397/2000;
- controllare i giovani.
Per le aziende, l’investigatore può svolgere:
- indagini sull’assenteismo, sullo spionaggio industriale, sulla concorrenza sleale;
- indagini patrimoniali;
- bonifiche aziendali per individuare eventuali violazioni della privacy.
Investigatore privato: le prove raccolte valgono nel processo?
Le prove raccolte dall’investigatore privato durante le sue indagini possono essere utilizzate come mezzi di prova all’interno di un processo civile o penale, a condizione che l’acquisizione sia avvenuta nel rispetto della legge.
C’è una precisazione da fare. Mentre nel processo penale ogni prova raccolta illecitamente è inutilizzabile, nel processo civile il giudice può valutare l’attendibilità delle prove raccolte violando i diritti altrui o la legge.
Nel caso in cui le prove raccolte dall’investigatore privato siano ritenute insufficienti o vengano contestate dalla controparte, il detective può essere chiamato a deporre come testimone per avvalorare le prove portate in giudizio.
Guerra contro Google per la geolocalizzazione: non rispetta il Gdpr
Sette associazioni di consumatori in Europa sono pronte a denunciare Google ai rispettivi garanti nazionali perché con il suo sistema di geolocalizzazione degli utenti non rispetterebbe le nuove regole Ue sulla privacy. Lo rende noto l'associazione ombrello europea dei consumatori Beuc, di cui fanno parte la Forbrukerradet (Norvegia), Consumentenbond (Olanda), Ekpizo (Grecia), dTest (Repubblica ceca), Zveza Potrosnikov Slovenije (Slovenia), Federacja Konsumentow (Polonia) e Sveriges Konsumenter (Svezia).
Secondo un rapporto dell'organizzazione norvegese Forbrukerradet, il gigante tech raccoglie i dati geolocalizzati dei suoi utenti - luoghi di vacanza, bar, spostamenti giornalieri - tramite le funzioni 'storico delle posizioni' e 'attività sul web e applicazioni', che fanno parte integrante degli account Google. Queste vengono attivate con sotterfugi o in modo poco chiaro, senza che l'utente ne sia veramente cosciente o informato o gli venga data una vera scelta. Il problema riguarda soprattutto gli smartphone che funzionano con Android, in quanto viene richiesto di avere un account Google per poterli utilizzare. Per le associazioni dei consumatori queste pratiche non rispettano il regolamento Ue Gdpr in quanto Google non ha una base giuridica per trattare i dati, oltre al fatto che gli utenti non sono liberi di dare o meno il loro consenso né c'è un 'interesse legittimo' a farlo da parte della società tech visto il carattere intrusivo di questa operazione sulle libertà personali degli utenti.
"Le pratiche ingannevoli di Google contraddicono la lettera e lo spirito del regolamento" Ue sulla tutela dei dati personali, "è inaccettabile che le imprese fingano di rispettare la legge quando in realtà la aggirano", ha dichiarato la direttrice del Beuc Monique Goyens, ritenendo "la situazione più che allarmante" in quanto "gli smartphone sono utilizzati per spiare i nostri minimi gesti". Da qui la decisione di ricorrere alle autorità nazionali competenti per la tutela della vita privata: "vogliamo mettere fine allo sfruttamento dei consumatori e forzare i giganti del web ad assumersi le loro responsabilità", ha concluso Goyens.
Fonte Internet
Spioncino digitale: è legale la telecamera nella porta di casa?
Chi vuole riprendere con una telecamera parti del condominio può farlo solo entro i limiti dati dall'occhio umano e sempre nel rispetto della privacy.
Inserire nella propria porta di casa uno spioncino digitale collegato a una telecamera è lecito e non richiede né autorizzazioni, né cartelli di segnalazione. Tuttavia la tecnologia è in grado di fare molto più di quello che il nostro corpo, in questo caso il nostro occhio, può permettersi. Per questa ragione devono essere tenuti in considerazione alcuni limiti all'istallazione di questi apparati di ripresa. Vediamo allora di cosa si tratta e quali sono le condizioni che permettono di collegare apparecchi di controllo digitale alle nostre abitazioni.
Indice
* 1 Lo spioncino digitale
* 2 Perché utilizzando una telecamera si lederebbe la privacy?
* 3 In conclusione
Lo spioncino digitale
Quando bussano alla porta abbiamo quattro possibilità: aprire senza problemi a chiunque ci troveremo davanti; non aprire e far finta di nulla; chiedere "chi è" tramite un citofono o attraverso la porta stessa; osservare dallo spioncino e decidere se aprire o meno.
Nell'ultimo caso è bene precisare che lo spioncino classico è una piccola fessura posta sulla porta, che ci permette di osservare chi si trovi all'esterno senza che questi possa sapere che lo stiamo guardando. Ma la tecnologia ha fatto passi da gigante e oggi permette di osservare non solo attraverso la porta di ingresso, ma anche attraverso il portone del nostro palazzo, stando comodamente all'interno del nostro appartamento posto, magari, al sesto piano. Si tratta di strumenti molto sofisticati che utilizzano un sistema di monitor e telecamere che possono essere sempre attive o accendersi solo all'occorrenza (quando lo desideriamo o quando qualcuno decide di bussare al nostro campanello).
Questi strumenti sono diventati molto diffusi, soprattutto per le comodità che forniscono e per la possibilità di collegarli anche ai nostri smartphone e sapere chi ci ha cercato mentre eravamo fuori casa. Non è, poi, difficile immaginare un utilizzo per motivi di sicurezza personale e di controllo di ciò che accade all'esterno.
Proprio per quest'ultima ragione si è posta una questione molto spinosa circa la legittimità dell'uso che si faccia dello spioncino elettronico. La conclusione cui gli studiosi del diritto e la giurisprudenza sono giunti è che servirsi di questi apparecchi è possibile solo nella misura in cui ciò non consenta di vedere oltre il normale angolo visuale che l'occhio umano sarebbe, per natura, in grado di cogliere. Si tratta di applicare un limite umano ad una macchina che potrebbe anche oltrepassare i limiti dell'immaginabile e permettere di osservare oltre gli angoli e a lunghe distanze.
La ragione che ha spinto a trovare questa soluzione è da ricercarsi nel diritto alla privacy di ognuno: il passante non deve essere osservato né tanto meno ripreso; così anche chi abita difronte il nostro palazzo non deve poter essere osservato e ripreso nelle sue attività quotidiane attraverso una finestra; e così la lista delle possibili lesioni è molto lunga.
Perché utilizzando una telecamera si lederebbe la privacy?
La spiegazione è molto semplice. Una cosa è parlare di un normale spioncino che, oltre a permettere la vista attraverso il pertugio aperto sulla porta di casa, rappresenta la stessa immagine su un monitor; un'altra è, invece, installare una vera e propria telecamera, in grado di filmare qualsiasi movimento all'interno del pianerottolo o sul marciapiede avanti l'ingresso del condominio, arrivando anche là dove il tradizionale spioncino non arriverebbe. In questo caso, infatti, siamo dinanzi a una potenziale lesione della riservatezza che deve rispettare tutte le regole imposte dal Garante della Privacy. Ma procediamo con ordine e vediamo, con riferimento proprio alle più moderne forme di spioncino digitale, se è legale la telecamera nella porta di casa.
In generale lo spioncino digitale altro non è che una normale telecamera nella porta di casa installata soprattutto a favore di chi non riesce ad arrivare al tradizionale "occhiolino": magari perché troppo basso (si pensi ai bambini quando rimangono soli in casa) o perché a mobilità ridotta (si pensi a un anziano che non può alzarsi molte volte dal divano o dal letto e vuol sapere chi bussa alla porta).
Non vi è alcuna differenza tra il tradizionale spioncino e quello digitale se quest'ultimo non oltrepassa la normale angolatura che l'occhiello classico avrebbe. Il solo fatto che l'immagine viene, infatti, rappresentata su uno schermo non cambia le regole sulla privacy. Pertanto, così come è sempre stato lecito lo spioncino senza telecamera (e nessuno si è mai sognato di rivendicare lesioni della privacy, per quanto spesso venga utilizzato dal curioso di turno per vedere cosa fanno i vicini), lo è anche quello collegato alla telecamera.
Cambiano le cose se le immagini vengono registrate e conservate. In tal caso si potrebbe rientrare nel reato di interferenza illecita nella vita privata. La giurisprudenza ha infatti più volte sostenuto che è lecito registrare un'azione o una conversazione all'insaputa dei presenti solo a condizione che chi registra è presente in quello stesso istante. Invece la registrazione mediante lo spioncino consentirebbe al proprietario di avere un occhio puntato sul proprio pianerottolo anche in propria assenza.
Ancora diverso è il caso dello spioncino digitale che, in realtà, funge da telecamera e videocitofono. In buona sostanza si tratterebbe di un occhio digitale capace di percepire tutto ciò che avviene nei 360 gradi (o giù di lì) del pianerottolo. In tal caso rientriamo nelle regole della videosorveglianza che sono state disciplinate dal Garante della Privacy, che raccomanda l'uso cauto di tali strumenti: non è necessario né il previo consenso dell'assemblea di condominio, né del vicino di casa dirimpettaio; né è obbligatoria qualsiasi forma di segnalazione alla questura o la presenza di un cartello di avviso. Tuttavia il proprietario dovrà fare in modo di non riprendere i volti delle persone, altrimenti andrebbe contro le regole della privacy. Per il Garante, infatti, quando l'installazione di sistemi di videosorveglianza in generale, nel quale certo rientra il particolare spioncino digitale, viene effettuata da persone fisiche per fini esclusivamente personali e le immagini non vengono né trasmesse a terzi, né diffuse (ad esempio attraverso apparati tipo web cam), non si applicano le norme previste dal Codice della privacy, che richiedono la comunicazione al Garante per ottenere un'autorizzazione [2]. In questi casi non è neanche necessario segnalare l'eventuale presenza del sistema di videosorveglianza con un apposito cartello ma si richiede solo che il sistema video sia installato in maniera tale che l'obiettivo della telecamera posta di fronte alla porta di casa riprenda esclusivamente lo spazio privato e non tutto il pianerottolo.
Dunque, sintetizzando, è illegale solo lo spioncino digitale che riesca a riprendere l'intero pianerottolo assieme ai volti delle persone che si trovano nelle circostanze. Questo tipo di telecamere non possono andare a influire sulle parti del condominio in cui si possono trovare altre persone.
Da un punto di vista tecnico questo si traduce in una gittata visiva dell'obiettivo che sia limitata e comprensiva solo dello spazio che interessa l'abitazione, pertanto l'angolo visuale delle riprese deve essere limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza (ad esempio antistanti l'accesso alla propria abitazione). Restano perciò escluse le parti comuni dell'edificio come il pianerottolo, le scale, l'androne, l'ascensore. È quindi consigliabile rivolgere la telecamera verso la porta di ingresso, oppure optare per sistemi di spioncino meno invadenti e quindi che non permettano la registrazione e una visuale troppo distante.
Tuttavia una recente sentenza di una corte territoriale [3] ha chiarito che le aree comuni del palazzo non rientrano nei concetti di domicilio e di dimora privata. Per cui, chi effettua riprese in tali spazi non può essere incriminato né sanzionato, sempre a condizione che l'obiettivo non vada a riprendere i volti delle persone. Tutto ruota attorno al concetto di "spazi privati" ed è facile pensare che col tempo tali definizioni saranno nuovamente modificate.
Fermo restando il generale divieto di spiare il vicino di casa, è lecito l'utilizzo della telecamera su spazi comuni se l'azione ripresa può essere liberamente osservata da terzi senza ricorrere a particolari accorgimenti. Ciò significa che è vietato tutto quello che comporta una intrusione nei luoghi di privata dimora, come spiare attraverso una finestra o una fessura della porta, e in queste condotte non rientra certo l'osservare le parti comuni di un edificio, che ben possono essere scrutati senza questi "particolari accorgimenti". Ancora una volta si è elaborato un limite giuridico partendo da un limite fisico: è vietato osservare con una telecamera ciò che non sarei in grado di osservare a occhio nudo.
Come abbiamo spiegato già in Telecamera di videosorveglianza: quale angolo di ripresa, ogni singolo proprietario di appartamento o garage è libero di installare un impianto di videosorveglianza che però sia puntato unicamente sul proprio immobile o sulle relative pertinenze. Qui entra in gioco l'esigenza di contemperare la tutela della sicurezza con la privacy degli altri condomini. L'angolo di ripresa dell'obiettivo quindi non può mai finire sulle parti comuni (come scale, ascensore, pianerottolo, cortile, garage) o, peggio, sulla proprietà del vicino (la porta, lo zerbino, ecc.), anche se le immagini non vengono registrate.
Se la telecamera finisce per riprendere parti comuni, il condomino che l'installa deve farsi autorizzare dall'assemblea e deve ottenere il consenso di tutti gli altri condomini.
In conclusione
È lecito montare uno spioncino elettronico o digitale all'interno della porta, anche se collegato con un monitor o con lo smartphone, purché esso abbia la stesse possibilità di uno spioncino classico.
Se si tratta di vere e proprie telecamere, poi, e queste sono poste
Diritti di un padre non sposato
Coppie di fatto: cosa prevede la legge nel caso in cui i conviventi che abbiano avuto un figlio si separino. Il papà ha diritto a vedere il figlio? C'è bisogno del giudice?
Hai un figlio nato fuori dal matrimonio e ti chiedi, ad esempio, se puoi chiedere gli assegni familiari o il congedo parentale. Puoi farlo, a certe condizioni, anche se non sei sposato. C'è poco da fare: gli antichi romani erano primi in (quasi) tutto anche quando asserivano che "la madre è sempre certa mentre il padre non sempre". In altre parole, volevano dire che il parto permette di identificare immediatamente la madre di un bambino mentre il padre dello stesso, beh, non è sempre detto che sia il marito della donna. La sapevano lunga all'epoca, più di quanto possiamo saperne noi nel 2018. Ma da qui nasce un dilemma nelle vite di molti uomini che si ritrovano ad essere papà al di fuori del matrimonio. E cioè, oltre ad avere dei doveri come genitore e, quindi, oltre a dover mantenere, istruire ed educare il proprio figlio, esiste e quale tipi di diritti di un padre non sposato? Oppure, il fatto che il bambino o la bambina sono "figli naturali" cambia qualcosa nella vita del padre?
Bisogna sgombrare immediatamente il campo dal primo dubbio e, cioè, se rispondi affermativamente alla domanda "hai un figlio?", devi sapere che hai dei diritti e dei doveri, in qualità di padre, indipendentemente dal fatto che tu sia sposato o meno con la mamma del bambino. E non solo: indipendentemente che tu conviva o meno con la madre di tuo figlio. Dunque, il fatto che il minore sia nato all'interno o fuori dal matrimonio non interessa alla legge, se non in rarissimi casi e, per lo più, in materia successoria. Per tutto il resto (e, cioè, per tutto quello che davvero è importante nella vita), ciò che conta è che tu sia il padre del bambino perché già solo questo definisce il tuo ruolo di genitore, assegnandoti specifici doveri e diritti. Non bisogna mai dimenticare che per la legge italiana ciò che ha valore, prima di tutto, è il rapporto di sangue tra genitori e figli e che tutta la normativa che si occupa dei diritti e dei doveri tra padre, madre e figlio ruota attorno al concetto di responsabilità genitoriale. Ma cosa significa? Con questa piccola (ma importantissima) espressione in diritto si indica
Svolgere investigazioni private civili e penali nei confronti del coniuge, collaboratori, soci e dipendenti non è un illecito in quanto tale attività è regolamentata dalle autorizzazione prefettizia ai sensi dell’art. 134 del T.U.L.P.S.
Investigatore Privato: riportiamo alcune sentenze relative all’operato dell’investigatore Privato.
Investigatore Privato: L'azienda può far sorvegliare i dipendenti da un investigatore privato
Nessuna violazione dello statuto dei lavoratori. Lo ha stabilito la Suprema Corte con la sentenza 23303 del 18 novembre 2010 L'imprenditore che dubita dell'onestà dei suoi dipendenti, può assumere investigatori privati per sorvegliarli a loro insaputa nello svolgimento delle attività.
Lo ha stabilito la Suprema Corte che con la sentenza 23303 del 18 novembre 2010, ha respinto il ricorso presentato da un uomo contro il licenziamento disciplinare irrogatogli dalla società per cui lavorava.
Il caso. In seguito a sospetti sul comportamento dei suoi dipendenti, una srl si era rivolta ad un istituto di sorveglianza perchè li tenesse sott'occhio durante le ore lavorative. Così l'imprenditore, dopo aver scoperto che il dipendente in causa, insieme al fratello, recuperava da terra scontrini usati e sottraeva la merce corrispondente, lo aveva licenziato. L'uomo si era rivolto prima al Giudice del lavoro del Tribunale di Messina, e poi, avendo perso la causa in primo grado, si era rivolto alla Corte di Cassazione, lamentando, tra l'altro l'illegittimità del comportamento del datore, che, contravvenendo alle norme a tutela dei lavoratori, li aveva fatti sorvegliare. Ma il giudice, dichiarando la piena legittimità del recesso, ha inoltre affermato che "le norme poste dagli artt. 2 e 3 della legge 20 maggio 1970 n. 300 a tutela della libertà e dignità del lavoratore, delimitando la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a difesa dei suoi interessi, con specifiche attribuzioni nell'ambito dell'azienda (rispettivamente con poteri di polizia giudiziaria a tutela del patrimonio aziendale e di controllo della prestazione lavorativa) non escludono il potere dell'imprenditore, ai sensi degli artt. 2086 e 2104 cod.civ., di controllare direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica l'adempimento delle prestazioni lavorative e quindi di accertare mancanze specifiche dei dipendenti, già commesse o in corso di esecuzione, e ciò indipendentemente dalle modalità del controllo, che può legittimamente avvenire anche occultamente, senza che vi ostino nè il principio di correttezza e buona fede nell'esecuzione dei rapporti, nè il divieto di cui all'art. 4 della stessa legge n. 300 del 1970, riferito esclusivamente all'uso di apparecchiature per il controllo a distanza (non applicabile analogicamente, siccome penalmente sanzionato). Sono pertanto legittimi, in quanto estranei alle previsioni delle suddette norme, i controlli posti in essere da dipendenti di un'agenzia investigativa i quali, operando come normali clienti e non esercitando potere alcuno di vigilanza e di controllo, verifichino l'eventuale appropriazione di denaro (ammanchi di cassa) da parte del personale addetto, limitandosi a presentare alla cassa la merce acquistata, a pagare il relativo prezzo e a constatare la registrazione della somma incassata da parte del cassiere".
Investigatore Privato, Confermata la liceità dell'indagine per accertare illeciti commessi dal dipendente in azienda. Corte di Cassazione, Sez. Lav., Sent. 07.08. 2012 n° 14197
Liceità dell'utilizzo di investigatori privati per l'accertamento di fatti illeciti commessi dal dipendente che non si sostanzino in meri inadempimenti lavorativi.
Legittimo un licenziamento disciplinare disposto da un'impresa a causa della sottrazione da parte di un dipendente di un quantitativo di beni aziendali che non poteva venir giustificato dalla prassi per cui i generi alimentari non consumati potevano essere portati via dal personale.
La condotta del lavoratore è stata ritenuta, nella fattispecie, lesiva del rapporto fiduciario tra dipendente e società. A nulla è valsa l’eccezione del lavoratore circa la presunta illegittimità del ricorso da parte della società all'attività di investigatori privati per controllare il suo operato quale dipendente.
Richiamata una precedente pronunci (Cass., Sent. n° 9167/2003), la S.C. ha statuito che "le disposizioni (artt. 2 e 3, L. n. 300/70) che delimitano, a tutela della libertà e dignità del lavoratore, in coerenza con disposizioni e principi costituzionali, la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a difesa dei propri interessi, e cioè per scopi di tutela del patrimonio aziendale (art. 2) e di vigilanza dell'attività lavorativa (art. 3), non precludono il potere dell'imprenditore di ricorrere a collaborazione di soggetti (come le agenzie investigative) diversi dalle guardie particolari giurate per la tutela del patrimonio aziendale, né, rispettivamente, di controllare l'adempimento delle prestazioni lavorative e quindi l'accertare mancanze specifiche dei dipendenti, ai sensi degli artt. 2086 e 2104 c.c, direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica.
Tuttavia, il controllo delle guardie particolari giurate, o di un'agenzia investigativa, non può riguardare, in nessun caso, né l'adempimento, né l'inadempimento dell'obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera, essendo l'inadempimento stesso riconducibile, come l'adempimento, all'attività lavorativa, che è sottratta da suddetta vigilanza, ma deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell'obbligazione." La Cassazione, tra l'altro, ha precisato, nell'ambito dei limiti a cui devono attenersi i controlli effettuati da un investigatore privato pagato dall'azienda, che qualora l'azienda sospetti che il proprio dipendente sottragga beni aziendali, i controlli possibili, da parte di un investigatore privato, sono quelli di procedere alla perquisizione personale (cioè corporale) del lavoratore sospetto infedele, ma non alla perquisizione dell'auto o dell'abitazione del lavoratore. Men che meno, poi, il detective privato può procedere ad indagini vertenti sul controllo dell'attività lavorativa: non può spingersi – o venire incaricato a spingersi – a verificare l'esatto adempimento dell'obbligazione lavorativa, cioè a fare l'esame (a distanza) di come il dipendente svolga le mansioni affidategli.
Insomma, l'attività degli investigatori privati era, nel caso in esame, del tutto giustificata dalla circostanza che non si trattò di un mero inadempimento dell'obbligazione lavorativa, bensì di veri e propri atti illeciti ascrivibili al dipendente - un dipendente d'albergo siciliano - che fu il bersaglio dell’azione del detective privato de quo.
Investigatore Privato, Cassazione Penale Sentenza n. 9667/2010
Sì dalla Cassazione ai pedinamenti GPS senza autorizzazione per chi e’ indagato
Via libera al pedinamento satellitare “senza autorizzazione preventiva” da parte del giudice nei confronti di chi e’ indagato. Lo sottolinea la Cassazione (quinta sezione penale, sentenza 9667) rilevando che “la localizzazione mediante il sistema di rilevamento satellitare (Gps) degli spostamenti di una persona nei cui confronti siano in corso indagini costituisce una forma di pedinamento non assimilabile all’attività di intercettazione di conversazioni o comunicazione”.
Ecco perché, dice piazza Cavour, per questo tipo di pedinamento “non e’ necessaria alcuna autorizzazione preventiva da parte del giudice”.
In questo modo la Suprema Corte ha respinto il ricorso di tre extracomunitari residenti nel torinese nei confronti dei quali il gip presso il Tribunale di Alessandria aveva disposto la misura carceraria sulla base di pedinamenti avvenuti appunto tramite il sistema Gps. Inutilmente i tre indagati hanno fatto ricorso in Cassazione lamentando in particolare “la violazione sulla disciplina della privacy” relativamente alle rilevazioni dei dati tramite sistema Gps.
La Cassazione ha respinto il ricorso dei tre extracomunitari e ha ricordato che in questo caso non c’e’ stata alcuna violazione della privacy in quanto “essendo in corso indagini” nei confronti dei tre il pedinamento satellitare non prevede la preventiva autorizzazione del giudice.
Sent. C. Cass.
n. 12042/08 del 18 Marzo 2008
Investigazioni private: lecite le “ambientali” in autovettura in quanto non vi è norma incriminatrice che tuteli la riservatezza in autovettura sulla pubblica via. Così ha stabilito la Cassazione in relazione all'installazione di apparati di intercettazione ambientale di conversazioni tra presenti in autovetture da parte di investigatori privati. La Corte ha richiamato, in sentenza, l'art. 615 bis che fa riferimento ai luoghi indicati nell'articolo 614 c.p. (abitazione o privata dimora), escludendo da questi l'autovettura che si trovi in una pubblica via che non è ritenuta luogo di privata dimora.
Corte di Cass., sez. V penale, nr. 12042 del 30.01.2008 - dep. 18.03.2008
Corte di Cass., sez. V penale, nr. 12042 del 30.01.2008 - dep. 18.03.2008
Fatto
1 - Il Gup di Brescia ha dichiarato ai sensi dell'art. 129 Cpp n.d.p. perché i fatti non sono previsti dalla legge come reato, contro B. ed altri 21 imputati, appartenenti a varie agenzie private di investigazione, per reati contestati in ciascun caso in concorso a due o più ai sensi degli artt. 623 bis e 617 bis, co. 1^ e 2^ o 3^ o 617 CP, ed in taluna ipotesi anche con riferimento all'art. 35 L. 675/96, per l'installazione di apparati di intercettazione ambientale di conversazioni tra presenti in autovetture private.
Il P.M. propone ricorso per violazione di legge, analizzando la lettera delle norme, ed il sistema in materia di intercettazioni.
2 - Il ricorso è infondato.
L'unico precedente, citato nella sentenza impugnata (Cass., Sez. V n. 4264/05 - rv. 235595), esclude che nel caso di specie si tratti di intercettazioni. In effetti la questione va risolta con riferimento alla ratio di incriminazione dei fatti contro la libertà morale delle persone, individuabile in rapporto o all'“ambiente” o agli “strumenti di comunicazione”. Agli “strumenti di comunicazione” si rapportano il titolo dell'articolo 617 Cp "Cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche” e la frase recata dall'articolo 617 bis "al fine di intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche”.
La lettera del titolo e della frase non autorizza affatto a ritenere le due norme incriminatrici estensibili alla captazione di comunicazioni di conversazioni tra presenti. Gli articoli 617 ss., introdotti con L. n. 98 del 1974, tutelano solo e proprio la riservatezza delle comunicazioni o conversazioni tra persone effettuate con mezzi tecnici determinati, all'epoca il telegrafo o il telefono. Gli artt. 617 quater, quinquies, sexies aggiunti dalla L. n. 547 del 1993 riguardano invece le comunicazioni informatiche o telematiche, cioè strumenti nuovi. Infine l'art. 623 bis estende le disposizioni a "qualunque altra comunicazione a distanza di suoni immagini o altri dati".
In sintesi, la riservatezza tutelata dalle norme degli articoli 617 - 623 Cp è quella assicurata proprio e solo da uno strumento adottato per comunicare a distanza. Invece la riservatezza di "notizie” ed "immagini” che si rapporta all'“ambiente” è tutelata nell'articolo 615 bis, introdotto dall'art. 1 della prima legge innovativa citata, la n. 98 del 1974, con il titolo "interferenze illecite nella vita privata".
La disposizione di questo articolo fa riferimento ai soli luoghi indicati nell'articolo 614 Cp, e cioè l’abitazione o la privata dimora. E l'autovettura che si trovi in una pubblica via non è ritenuta, da sempre nel diritto vivente, luogo di privata dimora (cfr. Cass., n. 5934/81 - Ced 149373 e, di seguito, la giurisprudenza relativa alle disposizioni del codice procedurale in materia d'intercettazioni tra presenti che, concernendo l'utilizzabilità delle prove, presume essa quella sostanziale, Cass. n. 1831/98, n. 4561/99 - 2143036, n. 4979/00 - 216749, n. 3363/01 - 218042, n. 1281/03 - 223682, n. 8009/03 - 223960, n. 5/03 - 224240, n. 2845/04 - 228420, n. 26010/04 - 229974, n. 43426/04 - 23096, n. 13/05 - 230533, n. 4125/07 - 235601). Né ha nulla a che fare con questa tematica la normativa (L. 675/96 – Dl. lgs. 196/03) sostanziale sul trattamento illecito dei "dati personali", che all'evidenza concerne fatti diversi ed ulteriori rispetto alla possibilità di acquisizione di qualsiasi dato riservato. E' quanto interessa. Nessuna norma incriminatrice dunque tutela la riservatezza delle persone che si trovino in autovettura privata sulla pubblica via.
Cassazione: è lecito registrare una conversazione di nascosto col cellulare
La registrazione può legittimamente essere acquisita al processo senza l'autorizzazione del GIP e rappresenta una forma di autotutela
Fonte: Cassazione: è lecito registrare una conversazione di nascosto col cellulare
SENTENZA:
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 2 marzo – 10 giugno 2016, n. 24288 Presidente Gentile – Relatore Verga Motivi della decisione Con sentenza in data 16 gennaio 2014 la Corte d'appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale che in data 24 giugno 2010 aveva condannato S.C. per concorso in estorsione in danno di P.E., dichiarava la nullità della sentenza limitatamente alla condotta posta in essere dall'imputata nel luglio 2008 disponendo che dei presente provvedimento fosse data notizia al Pubblico Ministero in sede per le sue determinazioni, confermava nel resto la sentenza impugnata. In sede di appello la S. aveva eccepita la nullità della sentenza per avere il primo giudice pronunciato condanna anche in relazione all'episodio estorsivo commesso nel luglio 2008 nonostante nel capo di imputazione fossero contestati soli fatti di estorsione commessi nel mese di agosto e settembre del 2008. Ricorre per cassazione imputata deducendo che la sentenza impugnata è incorsa in: 1. violazione di legge in relazione all'articolo 522 codice procedura penale in relazione all'articolo 604 comma uno codice di procedura penale. Rileva la ricorrente che la sentenza impugnata ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado limitatamente alla condotta posta in essere nel luglio 2008 disponendo che dei provvedimento fosse data notizia al PM in sede per le sue determinazioni e confermando le statuizione inerenti la pena inflitta in primo grado. Secondo la ricorrente tale modus operandi si palesa illegittimo per violazione dell'articolo 522 codice di procedura penale. Ritiene non condivisibile l'affermazione secondo la quale il capo di imputazione eliminato costituirebbe un'ipotesi di reato concorrente, costituendo al più un altro fatto di reato consumato nel luglio 2008, fatto ben diverso rispetto a quello delle presunte estorsioni poste in essere in agosto e settembre 2008. Si tratterebbe perciò non di reato concorrente, ma di altro fatto di reato che secondo la disposizione dell'articolo 604 comma uno codice procedura penale dovrebbe comportare la nullità dell'intera sentenza. Gli atti andavano trasmessi non al pubblico ministero, ma al giudice di primo grado. Si sarebbe così anche evitato di legittimare il giudice di secondo grado ad erogare una sanzione che non è di sua competenza. 2. violazione di legge in relazione alle dichiarazioni rese dalla persona offesa all'udienza dei 7 maggio 2009. Contesta il giudizio di credibilità della parte offesa rilevando che la sentenza di secondo grado ha fatto proprie le argomentazioni della sentenza di primo grado che però aveva ritenuto le dichiarazioni della parte offesa imprecise, disordinate cronologicamente e non aveva escluso che nella vicenda si potessero ravvisare profili di risentimento personale. Evidenzia che l'episodio dell'agosto 2008, si fonda esclusivamente sulle dichiarazioni della parte offesa; 3. violazione di legge in relazione all'articolo 271 codice di procedura penale in riferimento all'utilizzo della registrazione fonografica di un colloquio svoltosi tra presenti ad opera della parte offesa su sollecitazione dei carabinieri che, in quel contesto procedettero all'arresto della donna. Lamenta la mancanza di
provvedimento autoritativo e sostiene che la dedotta inutilizzabilità coinvolge i risultati captativi che riscontrerebbero le dichiarazioni della persona offesa 4. violazione di legge in relazione alla determinazione dei trattamento sanzionatorio. Lamenta la mancata riduzione della pena per effetto delle concesse attenuanti generiche nel massimo consentito. II primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Correttamente i giudici di appello hanno applicato il terzo comma dell'art. 604 c.p.p. nell'accogliere l'eccezione di nullità della sentenza sollevata dal ricorrente con i motivi di gravame per avere il primo giudice pronunciato condanna anche in relazione all'episodio estorsivo commesso nel luglio 2008, nonostante nel capo di imputazione fossero contestati solo fatti di estorsione commessi nel mese di agosto e settembre del 2008. Del tutto irrilevante è la dedotta questione se trattasi di reato concorrente o fatto nuovo considerato che il terzo comma dell'art. 604 c.p.p. prevede che " quando vi è stata condanna per un reato concorrente o per un fatto nuovo, il giudice di appello dichiara nullo il relativo capo della sentenza ed elimina la pena corrispondente, disponendo che del provvedimento sia data notizia al pubblico ministero per le sue determinazioni", decidendo sul resto . La seconda doglianza è formulata in modo assolutamente generico. Sono manifestamente insussistenti, del resto, i vizi di motivazione pur genericamente denunciati, perché la Corte territoriale ha compiutamente esaminato le doglianze difensive ed ha dato conto del proprio convincimento sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione, esaurientemente argomentando circa la pronuncia di responsabilità. Nell'esame operato dai giudici del merito le acquisizioni probatorie risultano interpretate nel pieno rispetto dei canoni legali di valutazione e risultano applicate con esattezza le regole della logica nella valutazione dell'attendibilità della persona offesa le cui dichiarazioni risultano confermate da ulteriori risultanze probatorie (pag. 3 sentenza impugnata) Il terzo motivo di ricorso è infondato. Deve premettersi che la giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che le registrazioni di conversazioni tra presenti, compiute di propria iniziativa da uno degli interlocutori, non necessitano dell'autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell'art. 267 c.p.p., in quanto non rientrano nel concetto di intercettazione in senso tecnico, ma si risolvono in una particolare forma di documentazione, che non è sottoposta alle limitazioni ed alle formalità proprie delle intercettazioni. Al riguardo le Sezioni Unite hanno evidenziato che, in caso di registrazione di un colloquio ad opera di una delle persone che vi partecipi attivamente o che sia comunque ammessa ad assistervi, difettano la compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso soltanto da chi palesemente vi partecipa o vi assiste, e la "terzietà" del captante. L'acquisizione al processo della registrazione dei colloquio può legittimamente avvenire attraverso il meccanismo di cui all'art. 234 c.p.p., comma 1, che qualifica documento tutto ciò che rappresenta fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo; il nastro contenente la registrazione non è altro che la documentazione fonografica dei colloquio, la quale può integrare quella prova che diversamente
potrebbe non essere raggiunta e può rappresentare (si pensi alla vittima di un'estorsione) una forma di autotutela e garanzia per la propria difesa, con l'effetto che una simile pratica finisce col ricevere una legittimazione costituzionale" (Cass. Sez. Un. 28-5-2003 n. 36747). Diversa è l'ipotesi di registrazione eseguita da un privato, su indicazione della polizia giudiziaria ed avvalendosi dì strumenti da questa predisposti. Dette registrazioni secondo la giurisprudenza di questa Corte ( N. 23742 del 2010 Rv. 247384, N. 42939 dei 2012 Rv. 253819 N. 7035 del 2014 Rv. 258551), alla quale il collegio aderisce, essendo effettuate col pieno consenso di uno dei partecipi alla conversazione, implicano un minor grado di intrusione nella sfera privata; sicché, ai fini della tutela dell'art. 15 Cost., è sufficiente un livello di garanzia minore, rappresentato da un provvedimento motivato dell'autorità giudiziaria, che può essere costituito anche da un decreto del pubblico ministero. Tale provvedimento, infatti, rappresenta il "livello minimo di garanzie" richiamato in varie pronunce della Corte Costituzionale (sentenze n. 81 del 1993 e n. 281 del 1998) e al quale la giurisprudenza di legittimità ha fatto riferimento, in mancanza di una specifica normativa, sia in materia di acquisizione dei tabulati contenenti i dati identificativi delle comunicazioni telefoniche (Sez. Un. 23-2-2000 n. 6), sia in tema di videoriprese eseguite in luoghi non riconducibili al concetto di domicilio, ma meritevoli di tutela ai sensi dell'art. 2 Cost., per la riservatezza delle attività che vi si compiono (Cass. Sez. Un. 28-3-2006 n. 26795). Nel caso di specie,come indicato nella sentenza impugnata e non disatteso in fatto dal ricorrente che si limita a ventilare la verosimiglianza di un accordo con le forse dell'ordine, la registrazione è stata effettuata dal P., su sua iniziativa e senza l'ausilio di strumentazione fornita dalla polizia giudiziaria, correttamente pertanto l'acquisizione al processo della registrazione del colloquio è avvenuta attraverso il meccanismo di cui all'art. 234 c.p.p., comma 1. Fondata è la doglianza in punto pena considerato che non è stato calcolata correttamente la diminuzione della pena per la concessione delle circostanze attenuanti generiche indicata nella massima misura consentita, ma erroneamente conteggiata in misura superiore . La sentenza va pertanto annullata senza rinvio limitatamente alla misura della pena che deve essere rideterminata in anni 3 e mesi 10 di reti. ed € 380,00 di multa. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla misura della pena che ridetermina in anni 3 mesi 10 di reti. ed €. 380,00 di multa; rigetta nel resto il ricorso.
Investigatore Privato, riprese video o fotografiche
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE VI PENALE
Sentenza 1-30 ottobre 2008, n. 40577
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. La Corte d’appello di Bologna, con la decisione impugnata, ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Modena, il 15.3.2005, aveva condannato A.M. alla pena di nove mesi di reclusione per i reati di cui agli artt. 56, 393, 624, 582 e 585 c.p., art. 61 c.p., n. 2, art. 594 c.p., in danno di F. L.. I giudici merito hanno accertato che quest’ultimo, sapendo che la propria moglie M.C. si trovava in casa dell’ A. e sospettando l’esistenza di una relazione tra i due, li attese nella strada pubblica prospiciente l’abitazione e li fotografò all’uscita, mentre ancora si trovavano nel cortile della casa. Mentre si accingeva ad andar via a bordo della sua autovettura, fu raggiunto e fermato dall’ A., che lo ingiuriò, gli strappò la giacca, si appropriò delle chiavi dal quadro di accensione della macchina e si allontanò, in compagnia della moglie del F.. Seguirono altre convulse fasi dell’episodio, con reiterazione d’ingiurie, percosse (che procuravano lesioni alla parte offesa) e danneggiamenti da parte dell’ A., al fine di recuperare il rullino della macchina fotografica.
2. Ricorre per Cassazione l’imputato, deducendo: – mancanza di motivazione della sentenza d’appello nella parte in cui “trascura il punto nodale del quesito di diritto sottopostogli: se l’atto di fotografare una persona all’interno del cortile di casa integri (al di là dell’improcedibilità per difetto di querela) il reato d’interferenze illecite nella vita privata ex art. 615 bis c.p.; - inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, non avendo la Corte bolognese ravvisato, nell’illecita (ex art. 615 bis c.p.) condotta tenuta dalla parte offesa, gli estremi del fatto ingiusto rilevante ex art. 599 c.p.; - inosservanza di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche e dell’esimente della legittima difesa.
3. In accoglimento della richiesta del Procuratore generale, il ricorso va dichiarato inammissibile. La tesi che l’imputato reitera sin dal giudizio di primo grado, ossia di avere reagito ad un atto d’interferenza nella sua vita privata (costituente il reato di cui all’art. 615 bis c.p.) commesso dal F., che lo fotografò mentre, assieme alla M., egli ancora si trovava in una pertinenza della sua casa, è destituita di ogni fondamento, anche per ragioni ulteriori e diverse rispetto a quelle già evidenziate dai giudici di merito.
La ripresa fotografica da parte di terzi – così come quella effettuata con videocamera, su cui si è recentemente pronunziata la Corte costituzionale in fattispecie concernente videoregistrazione a fini investigativi (sent. n. 149/2008)- lede la riservatezza della vita privata che si svolge nell’abitazione altrui o negli altri luoghi indicati dall’art. 614 c.p., e integra il reato d’interferenze illecite nella vita privata, previsto e punito dall’art. 615 bis c.p., semprechè vengano ripresi comportamenti sottratti alla normale osservazione dall’esterno, essendo la tutela del domicilio limitata a ciò che si compie in luoghi di privata dimora in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile a terzi.
“Se l’azione, pur svolgendosi nei luoghi di privata dimora, può essere liberamente osservata dagli estranei, senza ricorrere a particolari accorgimenti …, il titolare del domicilio non può evidentemente accampare una pretesa alla riservatezza” (sent. cit). In tal caso – come in quello del F., che fotografò dalla strada pubblica l’ A. e la M. che uscivano dalla casa e si trovavano nel cortile visibile dall’esterno – riprese fotografiche o con videocamera non si differenziano da quelle realizzate in luogo pubblico o aperto al pubblico.
A giusta ragione, pertanto, sono state negate le esimenti della provocazione e della legittima difesa, n